Capitolo quarto 

LE PROVE 
DELL'EVOLUZIONE

Introduzione
T. F. Heinze Intro
www.creationism.org
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L'anatomia comparata

Tu somigli ad una scimmia! Naturalmente questo non è del tutto vero, ma vi sono alcune somiglianze reali, benché sia ovvio che vi sono molte differenze. A causa della somiglianzà, l'evoluzione dice che o l'uomo è derivato dalla scimmia o che ambedue discendono da un comune antenato.

Le somiglianze possono certo suggerire qualche raffronto, ma non necessariamente un genere di parentela.

Davanti a me, mentre scrivo, vi sono sugli scaffali un certo numero di libri. Due di essi sono quasi identici. La copertina è la stessa, la carta dello stesso tipo; solo lo spessore e le parole che vi sono contenute sono diverse. Qualcuno che non si intende di libri potrebbe concludere che quello più voluminoso costituisca un prodotto dell'evoluzione del più piccolo. La vera ragione della loro somiglianzà invece risiede nel fatto che appartengono alla stessa collana pubblicata dallo stesso editore. L'evoluzione è solo una delle possibili spiegazioni della somiglianzà. L'origine nella mente dello stesso progettista è con altrettanta probabilità la vera ragione della somiglianzà. La somiglianzà del disegno non costituisce la prova logica contro l'esistenza di un progettista.

Un altro esempio è quello datoci dalla natura, quando si osserva la somiglianzà, in formato ridotto, dell'atomo con il sistema solare. Ambedue hanno un nucleo intorno al quale girano i pianeti. Nessuno tuttavia, sulla base dell'anatomia comparata, propone un'evoluzione del sistema solare a partire dall'atomo poiché nessuno dei due è essere vivente, ma le similarità sono altrettanto vere quanto quelle che vengono citate per provare i legami dovuti all'evoluzione. Se v'è qualcosa che la somiglianzà ci mostra, è che i due hanno avuto origine nella mente dello stesso creatore. Parimenti, la somiglianzà della struttura animale indica una creazione ad opera dello stesso Dio.

L'embriologia

« L'ontogenesi ricapitola la filogenesi. Cioè l'individuo si sviluppa assumendo successive strutture che sono quelle stesse acquistate dalla sua specie, modificandosi nel corso dei tempi » 1. Questa era considerata una legge fondamentale dell'evoluzione. L'idea è che l'embrione umano attraversa gli stessi stadi nel suo sviluppo di quelli attraversati dagli esseri umani nel loro processo evolutivo. Nel passato questo argomento era stato impiegato largamente, ma di recente la Enciclopedia Britannica la considera una grossolana ed eccessiva semplificazione 2. Altri evoluzionisti sono più categorici, ritenendo impossibile adattarla alla conoscenza più attuale secondo cui le caratteristiche dell'adulto sono contenute nei geni della prima cellula dell'embrione. L'evoluzionista A. O. Woodford demolisce questa che era considerata un tempo una prova dell'evoluzione:
 

Ma le implicazioni della embriologia riguardo alla discendenza non vengono più prese sul serio oggi giorno. I piccoli geni contenuti nella prima cellula di un nuovo individuo contengono l'intero programma del suo sviluppo successivo. I geni sono simili al programma di un computer che gli dice quel che deve fare ed in quale ordine. Il programma per lo sviluppo di un organismo può comprendere una variazione favorevole della norma precedente, e la variazione può divenire carattere distintivo di una nuova specie. Ma solo il caso potrebbe produrre una variazione della forma adulta e produrre anche ad uno stadio immaturo la precedente forma adulta 3.


Dobbiamo ancora esaminare l'argomento, tuttavia, poiché esso è usato ancora spesso, particolarmente nei testi più elementari, i quali sfortunatamente spesso si interessano più di « smerciare » la teoria che dei metodi usati per smerciarla. Sembra infatti che occorra molto più tempo per abbandonare una « prova » dell'evoluzione rivelatasi sbagliata che per adottarne una nuova.

Manifestamente vi sono certe somiglianze fra un embrione umano e certe forme inferiori di vita, ma le somiglianze esistono poiché la maggioranza degli animali sono alquanto simili nella loro struttura basilare, essendo composti di cellule, ed anche nella loro funzione basilare, in quanto hanno bisogno di nutrimento, di ossigeno e di un sistema di eliminazione dei residui. È naturale perciò che nel corso del suo sviluppo l'embrione umano rassomigli ad alcuni animali inferiori, dovendo compiere le stesse funzioni. Quel che erano i suoi antenati non ha nulla a che vedere con queste somiglianze.

In pratica, le somiglianze usate come prova dell'evoluzione sono abbastanza superficiali. Le famose « branchie » dell'embrione umano quasi sempre citate dagli evoluzionisti per provare questo argomento, non fanno che illustrare ciò. Ad un mese l'embrione ha, su quello che diventerà il collo, certe pieghe che si potrebbero considerare somiglianti a branchie di un pesce. Qualunque somiglianzà è tuttavia molto superficiale, poiché queste pieghe non hanno né la funzione branchiale né sono costituite della stessa materia delle branchie, ed a poco a poco formano la mascella, il collo, ecc. L'argomento basato sulle fenditure branchiali offre altrettante prove che l'uomo derivi dal pesce quanto la faccia a forma di luna di un cinese ne dia per sostenere che egli discende dalla luna.

Gli organi vestigiali

Il ragionamento sostenuto dall'evoluzione a proposito degli organi residuali o rudimentali è che l'esistenza di certi organi non aventi alcuna funzione mostra che essi sono avanzi del processo evolutivo, cioè organi che avevano una funzione durante la linea evolutiva in un certo momento, ma che oggi non sono più d'alcuna utilità all'organismo, benché ancora presenti in esso.

Secondo gli evoluzionisti odierni, l'evoluzione si è ve-rificata mediante mutazioni, le quali sono piccoli cambiamenti, avvenuti per caso. Gli evoluzionisti sostengono che non vi fu alcun piano di un creatore a dirigerne il corso.

Perciò, se il complesso degli organi che abbiamo oggi esiste in seguito a un processo evolutivo, dovremmo, evidentemente, trovare molti organi non necessari che non apportano alcun beneficio all'organismo, ma che d'altro canto non gli nuocciono; non solo organi che funzionavano in un animale inferiore, ma anche altri organi che potevano eventualmente trasformarsi in qualcosa di utile o scomparire del tutto. Per esempio, con tante ossa realmente utili che abbiamo, dovrebbe esistere qua o là un osso che non ha nessuna funzione ma che non produce alcun danno. Oppure, perché dovrebbero esservi soltanto due occhi sul davanti della testa? Non avrebbe potuto esservi un altro occhio in un posto dove non faceva né bene né male, se tutto ciò non era dovuto che al caso?

Si dovrebbero certamente trovare organi che funzionavano ad un certo stadio del nostro sviluppo evolutivo ma che non sono più necessari. Inoltre, se l'evoluzione continua, dovrebbero esservi cose che adesso fanno poco o nulla, ma che nelle ere a venire si trasformeranno in organi finora sconosciuti. Nella ricerca di questi organi rudimentali, le passate generazioni di scienziati hanno trovato negli esseri umani centottanta organi non esercitanti una funzione nota. Alcuni di questi sono maggiormente sviluppati in animali inferiori.

Un tempo questi pochi organi venivano citati come prova a favore dell'evoluzione. Tuttavia col progredire della scienza, si è scoperto che molti di essi erano ghiandole producenti ormoni necessari all'organismo. Per altri si scoperse che funzionavano allo stato embrionale dell'individuo, mentre alcuni altri fungevano solo da riserva quando sopravveniva la distruzione di altri organi. Dei pochi restanti, altri funzionavano solo in momenti di emergenza. Gli organi che potremmo definire residuali oggi sono molto pochi ed un numero sempre crescente di scienziati ritiene che non ve ne siano affatto: cioè, questi pochi organi per i quali la funzione non è ancora chiara servono probabilmente ad usi che si scopriranno un giorno.

Il numero ridotto di organi considerati oggi vestigiali costituisce valida prova contro l'evoluzione. Naturalmente se tutti i nostri organi si formassero a causa delle mutazioni, il numero degli organi vestigiali dovrebbe essere maggiore. Inoltre, qualche organo vestigiale non potrebbe mai costituire prova contro la creazione ad opera di Dio, la quale permette mutazioni del tipo di quelle che sono state realmente osservate e che, quasi tutte, producono degenerazioni. Se esiste qualche organo che veramente non ha nessuna funzione oggi, questo si spiegherebbe facilmente. La teoria dell'evoluzione richiede che vi siano molti organi adesso inutili, che col passare del tempo si svilupperanno o degenereranno. La scienza invece, ha trovato che ne esistono pochi o niente. Questa degli organi è divenuta una prova importante contro l'evoluzione e non si dovrebbe semplicemente cessare dal farne menzione nei libri.

Appendice

L'organo di cui ci si è maggiormente serviti per provare l'evoluzione è l'appendice. In alcuni animali che hanno raggiunto uno stadio meno evoluto, l'appendice è più grande che nell'uomo, ed in alcuni ha una funzione chiara. Si afferma che l'uomo è prodotto dell'evoluzione da un animale ipotetico, dotato di appendice più grande e funzionante. Vi sono, tuttavia altri animali considerati meno evoluti di quelli aventi appendice funzionante, dotati di appendice più piccola di quella dell'uomo e non funzionante, e vi sono altri animali che non ne hanno affatto. Se siamo onesti nel servirci dell'appendice come prova del fatto che l'uomo è più evoluto degli animali dotati di appendice più grande e funzionante, siamo costretti a riconoscere che ciò prova che lo uomo è meno evoluto degli animali in cui essa è meno sviluppata o persino assente. Si potrebbe inoltre dire, altrettanto facilmente, che questi animali rappresentano un'evoluzione dell'uomo. Secondo l'Enciclopedia Britannica: « Gli animali dotati di uno stesso organo completamente sviluppato e in stato funzionale vengono considerati vicini dal punto di vista ancestrale, ad animali aventi l'organo residuale »4. Ciò rende l'uomo vicino per discendenza ai marsupiali ed al coniglio, nei quali l'appendice è ben sviluppata, e lontano dalle scimmie che sono generalmente prive di appendice. Altri scienziati pensano che l'appendice non sia affatto un organo residuale, ma che abbia una sua funzione, forse nel combattere le infezioni, essendo tessuto linfatico come le tonsille.

Gli organi residuali dell'uomo successivamente citati con maggior frequenza, sono i muscoli del cuoio capelluto e delle orecchie, i quali sono sviluppatissimi per esempio nel cavallo, che se ne serve per scacciare le mosche che si fermano sulla sua testa. Si sostiene che l'uomo ha le mani per scacciare le mosche e che non ha bisogno dei muscoli della testa e delle orecchie, per cui essi sono residuali. Intanto io considero questo come un insulto personale, poiché riesco facilmente a muovere il cuoio capelluto e le orecchie e spesso li contraggo per allontanare le mosche! Se le persone, che ricorrono a questo ragionamento, hanno dei muscoli degenerati, devono esser seriamente impediti, dovendo fermarsi in ciò che stanno facendo per scacciare ogni mosca che li molesta, e certamente saranno eliminati alla fine di una lotta impari per la sopravvivenza del più forte!

Invece di provare l'evoluzione, il numero ridotto degli organi, di cui non si conosce l'uso, costituisce una valida prova che essi non si sono formati per mezzo di mutazioni dovute al caso, e il fatto che esso venga tuttora citato dimostra semplicemente l'esiguità delle prove a favore della evoluzione.

Esempi moderni dell'evoluzione

È chiaro che se fosse possibile mostrare che l'evoluzione oggi è in progresso, ciò darebbe una buona indicazione che essa si fosse verificata anche nel passato. Per darci questa prova, perciò, gli evoluzionisti presentano alcuni esempi che, secondo loro, mostrano la continuità dell'evoluzione tuttora. I due più frequentemente menzionati sono i batteri che diventano immuni alla penicillina e una farfalla che vive in Inghilterra. In tutti e due questi casi si è notato qualche cambiamento. Il problema comunque è di definizione. In un certo senso, forse, qualunque cambiamento potrebbe essere definito con la parola evoluzione, ma i cambiamenti notati sopra, certamente non sono del tipo necessario ad aiutare la teoria dell'evoluzione. Questa richiede un cambiamento nella direzione di una più grande organizzazione e di una maggiore complessità. I creazio-nisti sono d'accordo con gli evoluzionisti che gli animali hanno la capacità di adattarsi all'ambiente, ma insistono sul fatto che occorre più di questo per arrivare da una singola cellula all'uomo. Ci vuole lo sviluppo di organi nuovi e un aumento in complessità e in organizzazione.

Nel caso dei batteri sembra che esista o una mutazione abbastanza frequente che dà l'immunità alla penicillina, oppure una piccola percentuale di batteri che già era immune. Essi rimangono però sempre batteri della stessa specie, che sono interfertili con i batteri che non hanno questa resistenza. Non diventano mai uomini, vermi o qualsiasi altra cosa e, non appena l'ambiente ritorna come era prima, torneranno indietro al vecchio tipo.

Il caso della farfalla, che viene menzionato più di frequente, è considerato da molti il miglior esempio di evoluzione oggi. Il cambiamento è stato provocato dall'inquinamento dell'aria, provocato a sua volta dall'industria. Le farfalle, normalmente di color biancastro, riposano sugli alberi dello stesso colore. Quando il fumo ha reso scuri i tronchi e gli uccelli hanno trovato più facilmente le farfalle chiare sui tronchi scuri, il rapporto tra le farfalle scure e quelle chiare è cambiato a tal punto che la maggioranza di quelle che rimanevano per riprodurre erano scure. Sono però sempre rimaste farfalle e neppure una è diventata un passero o una quaglia. Non è questo il tipo di evoluzione che può dare un contributo al problema di creazione o evoluzione.

Nel menzionare il problema dell'evoluzione della farfalla, l'evoluzionista sta però entrando in territorio pericoloso perché, mentre i meccanismi suggeriti per l'evoluzione possono spiegare bene un cambiamento di colore, sono completamente inadeguati a spiegare l'origine della farfalla! Due domande si presentano naturalmente:

1) Come può la selezione naturale spiegare la ragione per cui un bruco cambia forma completamente per diventare farfalla? Come bruco esso è stato capace di competere con successo nel suo ambiente. Il problema diventa particolar-mente arduo nel caso della farfalla che, per la vivacità dei suoi colori è più vulnerabile all'attacco dei suoi nemici che non quando era ancora un bruco coperto di peli disgustosi che gli servivano anche da difesa. L'altra alternativa sembra essere quella che la farfalla avesse già dall'inizio i due stadi nel programma ereditario, ma questo per l'evoluzione sarebbe ancora più impossibile!

2) Quale possibile combinazione di mutazioni potrebbe mai produrre questi cambiamenti? Quando il bruco si trasforma in crisalide, tutta la parte interiore del corpo si liquefa e da questo liquido si formano le ali, le zampe, gli occhi e le altre parti dell'adulto. Da bruco ha di solito sei occhi semplici, ma da adulto ha occhi composti. Da bruco morde e mangia, ma da adulto ha un tubo con cui può soltanto succhiare. Quali piccoli cambiamenti nel DNA, tramite i secoli, potremmo mai immaginare potrebbero fare questo e nello stesso tempo dare un vantaggio evoluzionistico in ogni passo? È impossibile concepire un modo in cui mutazioni puramente casuali potrebbero formare il complicato programma del DNA necessario per dirigere il cambiamento da bruco in farfalla. Certamente lo scurirsi delle ali non è da paragonare a questo.

Fossili

Nel suo libro L'origine delle speci Darwin scrisse:
 

« Nella proporzione nella quale il processo di sterminio ha agito su vasta scala, il numero delle varietà intermedie precedentemente esistite deve esser veramente enorme. Perché, allora, non è ciascuna formazione geologica ed ogni strato pieno di tali anelli intermedi? Per certo la geologia non rivela una catena organica tanto finemente graduata. Questa è forse l'obiezione più ovvia e più grave che si può sollevare contro la teoria. La spiegazione risiede, a quanto penso, nell'estrema imperfezione della testimonianza geologica »5.


Il problema dei ritrovamenti geologici permane ancora. Gli anelli di congiunzione mancanti mancano ancora.

La seguente citazione presa da un articolo di Duane T. Gish chiarisce il problema che i fossili pongono agli evoluzionisti. Egli mette a confronto i due sistemi: Il tipo di documentazione fossile che si sarebbe trovato ammessa la creazione, e come si presenterebbero i fossili ammessa la evoluzione.
 
 

Basato sulla creazione: 
Si dovrebbe trovare una comparsa improvvisa di una grande varietà di forme complesse.

L'improvvisa comparsa di tutti i grandi gruppi creati da Dio con le caratteristiche specificanti, già complete. Divisioni distinte tra i vari grandi gruppi di animali, senza forme intermedie tra le grandi categorie.

Basato sull'evoluzione: 
Si dovrebbe trovare un cambiamento graduale partendo dalle forme più complesse.

Uno spettro completo di fossili che mostrano la connessione tra una categoria e un'altra senza mancanze sistematiche.

Adesso paragoniamo i fatti conosciuti dei fossili alle previsioni sopra riportate basate sui due sistemi della creazione e dell'evoluzione.

L'avvento della vita nel Cambriano

Le più vecchie rocce dalle quali furono rinvenuti fossili multicel-lulari indiscutibili sono quelle del periodo Cambriano. In questi depositi sedimentati furono rinvenuti miliardi e miliardi di forme di vita di alta complessità che includono tutte le maggiori forme di vite invertebrate. Questi animali hanno un grado di complessità così alto che secondo l'evoluzione dovrebbe avere avuto un miliardo e mezzo di anni dell'evoluzione precedente prima di arrivare a quella complessità.

Cosa troviamo nelle rocce più vecchie del Cambriano? Neppure un singolo indiscutibile fossile multicellulare è stato mai trovato nelle rocce precambriane. Certamente può essere detto senza paura di contraddizioni che i progenitori della vita Cambriana, se sono esistiti, non sono mai stati ritrovati.

Concernendo questo problema, Axelrod affermò: « Uno dei più grandi problemi rimasto ancora insoluto dell'evoluzione è l'occorrenza di una diversità di invertebrati multicellulari marini nelle rocce del Cambriano inferiore su tutti i continenti, e la loro assenza nelle rocce di maggiore età ». Dopo aver discusso sulle varie speci di fossili rin- venuti nel Cambriano, Axelrod continua dicendo: « Tuttavia, quando-riesaminiamo le rocce precambriane per trovare i progenitori di questi fossili del Cambriano inferiore, non li troviamo. Molti strati profondi (2000 m.) si trovano sotto gli strati che contengono i primi fossili cambriani. Questi sedimenti erano apparentemente adatti per la preservazione dei fossili perché sono spesso identici alle rocce contenenti i fossili; però nelle rocce precambriane non si trovano fossili ».

Da tutte le apparenze basate sui fatti conosciuti dei fossili, la vita è iniziata ad un tratto con un alto grado di complessità. I fossili non danno nessuna prova che questi animali cambriani derivano da altre forme meno progredite. Non soltanto questo, ma non è stato trovato un solo fossile che potrebbe essere considerato uno stadio-intermedio tra due maggiori gruppi o phylum. I più vecchi fossili che si trovarono di questi maggiori gruppi invertebrati erano distinti come oggi.

Questi fatti sono contrari alle previsioni basate sull'evoluzione. Ciò è stato ammesso per esempio da George (1960, pag. 5): «Pur ammettendo un'origine evoluzionistica dei grandi gruppi di animali e non un atto creativo, non possiamo spiegare l'assenza di fossili di qualsiasi phylum nelle rocce precambriane oggi come al tempo di Darwin ». Simpson ha cercato di risolvere questo problema, ma infine ha dovuto ammettere (1949, pag. 18) che l'assenza dei fossili precambriani oltre a qualche possibile microfossile, è « il maggior mistero della storia della vita ».

Questi fatti, però, vanno in completa armonia con le previsioni della creazione. I fossili mostrano: prima un'apparenza improvvisa in grande varietà di forme altamente complesse senza progenitori; e secondo, l'assenza di forme transitorie tra i grandi gruppi, esattamente come dovrebbero essere se fossero stati creati. Possiamo dire per forza maggiore che i fatti conosciuti dai fossili proprio dall'inizio, sostengono le previsioni basate sulla creazione mentre senza dubbio contraddicono le previsioni dell'evoluzione.

Natura distinta delle Classi Vertebrate
 

Quello che segue della storia della vita rivela un'assenza fenomenale dei molti anelli di passaggio richiesti dalla teoria dell'evoluzione. Esiste infatti una deficienza delle forme intermedie sistematiche tra le più grandi categorie, esattamente come richiedevano le previsioni della creazione.

L'idea che i vertebrati derivino dagli invertebrati è una pura asserzione che non può essere documentata dai fossili. Nella storia dello studio dell'anatomia comparata e l'embriologia delle forme viventi, quasi ogni gruppo invertebrato è stato proposto, o prima o poi, come progenitore dei vertebrati. Ci sono teorie riguardo al passaggio degli invertebrati a vertebrati, ma mancano i fossili richiesti per sostenerle. Secondo Ommaney: « Tra il Cambriano e l'Ordovi-chiano dove troviamo i fossili dei primi animali che hanno caratteristiche di veri pesci c'è una lacuna di cento milioni di anni che probabilmente non potremmo mai riempire ».

Incredibile! Cento milioni di anni di evoluzione e nessun fossile di forma intermedia! Questi fatti, però, vanno perfettamente d'accordo con la previsione della teoria della creazione.

Gli esempi citati non sono in nessun modo eccezioni; anzi servono per illustrare la caratteristica dei documenti fossili. Mentre esistono forme intermedie al livello di sottospecie, e quelle a livello della specie sono probabili, l'assenza degli anelli di passaggio tra le grandi categorie è regolare e sistematica 6 .


Vi sono alcuni esempi classici che vengono impiegati tuttora molto spesso, ed essi danno allo studente l'impressione che si siano trovati i termini di passaggio. Il più noto è forse l'archeopterix. L'archeopterix è un volatile, da lungo tempo estinto, con alcune caratteristiche simili a quelle di un uccello, quali le piume, e altre simili a quelle di un rettile, come un tipo di dita poste all'estremità delle ali, e dei denti. Pur potendosi spiegare come uno stadio attraverso il quale sono passati gli uccelli nel processo evolutivo a partire dai rettili, avrebbe anche potuto trattarsi semplicemente di una creatura distinta dalle altre, come il pipistrello, il quale è un mammifero capace di volare, dotato di dita alle articolazioni delle ali e di denti. Il pipistrello non viene mai considerato uno stadio nel passaggio da uccelli a mammiferi poiché gli evoluzionisti non credono che i mammiferi costituiscano un'evoluzione a partire dagli uccelli, ma la relazione è la stessa.

Ai nostri giorni molti animali sono estinti ed il numero delle specie viventi diviene sempre minore. L'archeopterix potrebbe essere semplicemente un volatile estinto, poiché nel passato le forme di vita esistenti erano più numerose di oggi, e poiché i fossili di archeopterix sono tutti completamente sviluppati; non uno più rettile e un altro più uccello.

In ogni caso, nel 1977, furono scoperti i fossili di un normale uccello risalenti allo stesso periodo dell'Archeopte-rix (Upper Jurassic) e precedenti di 60 milioni di anni l'antecedente uccello normale più antico. Questo sembra eliminare PArcheopterix quale anello di congiunzione fra uccelli e rettili. John Ostrom di Yale che « identificò positivamente » l'esemplare disse: « È ovvio che ora dobbiamo cercare gli antenati degli uccelli in un'epoca di molto anteriore a quella in cui visse l'Archeopterix » 7.

Alcuni libri presentano in maniera categorica un gruppo oppure un altro come l'antenato di quasi tutti gli animali, dando l'impressione che si sappia da che cosa siano provenuti i vari animali. Il Davidheiser ha tuttavia dimostrato l'incertezza su cui poggia l'evoluzione citandone le stesse fonti autorevoli. Ho voluto riprodurre solo la parte riguardante i mammiferi nell'impressionante e ben documentato elenco, poiché la loro evoluzione dovrebbe esser relativamente più recente e quindi più sicuri gli antenati 8.
 

Mammiferi. « I primi veri mammiferi ... erano piccoli animali insettivori il cui legame con quei rettili non è affatto chiaro ».

I monotremi, mammiferi che depongono uova. « Non se ne conosce la storia dal punto di vista geologico ».

I marsupiali, mammiferi dotati di una tasca ventrale. « La loro origine è estremamente antica e le fonti sono ignote... ».

Il formichiere striato. « Non è più grande di un ratto ... questo formichiere ha origini, che nei loro particolari precisi, sono avvolte dal mistero ».

Gli euteri, mammiferi forniti di placenta. « Da alcuni animali primitivi sconosciuti, viventi su alberi, che si nutrivano d'insetti e dotati di tasca vennero ben presto i primi animali forniti di placenta ».

I roditori. « La questione delle loro origini resta aperta ».

I lagomorfi (conigli e lepri). In precedenza considerati roditori, ma che ora si pensa non siano neppure imparentati ai roditori. « L'origine di questi animali è incerta ».

Gli elefanti. I due sopravvissuti del grande ordine dei probosci-dati sono ì'Elephas maximus o elefante d'Asia ed il Laxodonta africana o elefante africano. « Le origini di ambedue sono oscure... ».

Le sirenidi o vacche marine. « La loro origine resta ancora un mistero per gli uomini di scienza ».

L'oritteropo (genere di formichiere dell'Africa del Sud). « Le testimonianze preistoriche a suo riguardo sono frammentarie ed offrono poche prove circa i loro antenati immediati ».

I pinnipedi (foche, otarie, trichechi). « ... i progenitori dei pin-nipedi ci sono completamente sconosciuti ».

I cetacei, come le balene e i marsuini. « L'agorophilus mostra caratteristiche leggermente più primitive, ma non fornisce alcun indizio circa l'affinità delle balene con qualsiasi altro ordine di mammiferi terrestri ».

I mistacoceti o balene con fanoni. « L'origine dei mistacocetì è incerta ».

Gli artiodattili o animali dotati di zoccoli, con numero di dita impari. « L'ordine dei perissodattili ebbe probabilmente origine nell'emisfero settentrionale... da animali finora non scoperti imparentati con i condiliarti o protoungulati dell'Eocene ».

Il cavallo. « S'ignora l'origine reale del cavallo ».

I primati. Questi includono i lemuri, le scimmie, le scimmie antropomorfe e l'uomo. « Quando e dove fecero la loro comparsa i primi primati, è oggetto di congetture... È chiaro quindi che non si conoscono ancora i primi primati... ».

Iltarsio. «L'origine evolutiva di questo animale è ancora dubbia».

Le scimmie occidentali. « La storia filogenetica delle scimmie del nuovo mondo o platirrine ci è del tutto sconosciuta ».

Le scimmie orientali. « Circa le scimmie del vecchio mondo, del loro passato si conosce ancora meno. Ma anch'esse si devono far risalire a sconosciuti antenati dell'Eocene

Il gibbone. « Le sue origini non sono state ancora determinate ».

L'uomo. « ... Non si è d'accordo sul luogo d'origine del vero Homo sapiens, l'uomo della nostra specie. Ciascuna autorità nella materia ha la sua teoria per la quale si batterà come una madre per il proprio figlio ».

L'uomo di Neanderthal. « Non si è mai stabilito quale sia il suo vero posto nell'evoluzione dell'uomo ».

L'uomo di Cromagnon. « L'uomo di Cromagnon è un uomo moderno in ogni senso della parola, ma non si ha la minima idea circa la sua origine e com'essa avvenne ».

I negrito. « Si era pensato che rappresentassero uno stadio precedente nell'evoluzione dell'uomo, ma non vi sono prove presentate dai fossili che l'uomo sia passato per la condizione di pigmeo ».

Ed infine, per concludere tutto: « In pratica non conosciamo la storia filogenetica di nessun gruppo di piante o di animali, poiché essa affonda le sue radici in un passato indecifrabile » 9.


Riassumendo le prove dei fossili, vediamo che essi mostrano gruppi abbastanza distinti. Mentre esiste una differenza tra i vari membri di qualsiasi gruppo (per esempio la diversità fra i vari cani) queste differenze sono dentro certi limiti. Per le grandi categorie non esiste nessuna documentazione fossile che mostri che si sono sviluppati da qualche altro gruppo. Questo ci lascia pensare che all'inizio Dio creò un numero di gruppi diversi che si sono riprodotti secondo la loro specie. Benché l'evoluzionista cerchi di risolvere questo problema suggerendo progenitori sconosciuti per quasi tutti i gruppi, le prove sembrano invece dimostrare che c'era un numero di gruppi creati distintamente, però con una capacità di variazione genetica dalla quale ebbe origine una limitata quantità di variazioni.

Commentando su questo fatto dei fossili il famoso evoluzionista G. G. Simpson dice: « Questo è vero per tutti i trentadue ordini di mammiferi... I primi e più primitivi membri conosciuti di ogni ordine hanno già le caratteristiche basilari di quell'ordine e in nessun caso troviamo una sequenza continua tra un'ordine e un altro. Nella maggior parte dei casi la divisione è così grande che l'origine dell'ordine è astratta e soggetta a disputa » 10.

Poi, andando più avanti egli aggiunge: « Quest'assenza regolare di forme intermedie non è trovata soltanto tra i mammiferi, ma è un fenomeno quasi universale come è stato da molti anni messo in rilievo dai paleontologi. È vero di quasi tutti gli ordini di tutte le classi di animali sia vertebrati che invertebrati, ed è apparentemente anche vero delle categorie analoghe delle piante » 11.

Più recentemente le pubblicazioni evoluzionistiche rivelano la situazione attuale come segue: « Sfortunatamente le origini della maggioranza delle categorie alte giacciono nel mistero; di solito le nuove categorie più alte appaiono allo improvviso nella documentazione fossile senza evidenza di termini di passaggio » 12 .

« Brevemente ogni gruppo, ordine o famiglia sembra essere nato improvvisamente ed è raro trovare i termini di passaggio tra i vari stati precedenti. Quando li scopriamo sono già completamente distinti e non soltanto non troviamo praticamente nessun anello di passaggio ma in generale è impossibile suggerire una connessione accettabile a tutti tra un nuovo gruppo e uno vecchio » 13.

Mentre l'evoluzionista cerca di trovare i progenitori per tutti i gruppi, pare, invece che i grandi gruppi furono creati distintamente, possedendo però, una capacità cromosomica per una quantità limitata di variazioni.

Darwin ha considerato i documenti fossili come le più serie obiezioni contro la sua teoria; e come abbiamo visto questa obiezione resta ancora oggi. Però nello stesso momento la maggior parte degli evoluzionisti di oggi vedono nei fossili anche la più importante prova per la loro teoria. Cioè asseriscono che le rocce più vecchie contengono fossili di animali semplici mentre rocce più giovani contengono fossili di animali più complessi, mostrando così una progressione.

Quest'idea solleva naturalmente la questione: « Come si sa quali sono le rocce più antiche? » I geologi determinano l'età delle rocce sulla base dei fossili che contengono. Quelle che contengono fossili di animali più semplici sono considerate più antiche e quelle che contengono fossili di animali più complessi vengono considerate più recenti. Con un sistema come questo sembrerebbe impossibile sbagliarsi, e si potrebbe citare quasi ogni geologo per mostrare che questo è il metodo principale impiegato per la datazione degli strati. Il professor Stirton, direttore del museo di paleontologia dell'Università di California, esprime chiaramente questa idea: « Le correlazioni biologiche costituiscono ancora il metodo più utile impiegato per stabilire la relativa contemporaneità degli avvenimenti dell'intero passato geologico. Esse sono basate sulla storia della vita rappresentata dai fossili rinvenuti nelle rocce » 14 . Dove i fossili di una parte di uno strato roccioso sono diversi da quelli di un'altra parte dello stesso strato, si procede generalmente sulla base dei fossili piuttosto che sul principio che sembri trattarsi di un solo strato che si è depositato in uno stesso momento. Vediamo quindi che i fossili sono impiegati per determinare l'età delle rocce che li contengono. I fossili più semplici quindi non possono non trovarsi in rocce che vengono considerate più antiche e i fossili più complessi in rocce che sono più recenti.

Qui ci troviamo allora in presenza del nostro primo problema. In molti luoghi, nella maggior parte delle regioni montagnose di ogni continente esistono esempi di strati con fossili che sono meno complessi e che si trovano al di sopra di fossili più complessi 15 . Sarebbe naturale pensare che gli strati che si trovano al di sopra siano più recenti di quelli al di sotto, ma poiché contengono fossili « meno evoluti » vengono chiamati più antichi. Il problema relativo alla maniera nella quale rocce depositatesi in un periodo precedente potessero sovrapporsi a rocce formatesi successivamente è tanto serio per l'evoluzionista, che per risolverlo dicono che le rocce degli strati superiori non si sono formate là per sedimentazione ma provengono da altri luoghi. Questo è possibile nel caso di qualche rimaneggiamento nelle quali piccole quantità di rocce sono state spinte al di sopra di strati più antichi, ma in molti casi si tratta di milioni di tonnellate di rocce che avrebbero dovuto muoversi in tal modo, a volte per centinaia di chilometri, per trovarsi al di sopra di rocce appartenenti a strati più recenti. Anche ciò potrebbe occasionalmente essere possibile se avessimo a che fare con strati interrotti o contorti, ma in molti casi si tratta di strati lisci e piani, su superfici di migliaia di chilometri quadrati, molte parti delle quali non mostrano alcuna traccia di usura né di frattura a seguito dello spostamento, ma che sulla base di ogni evidenza sembrano essere formate sul posto.

Un'altra teoria che potrebbe possibilmente dare spiegazione logica ad alcuni di questi strati fuori ordine è la teoria che la superficie della terra è composta da grandi zone o zolle che galleggiano sulla parte liquida interna della terra. Dove una zolla tocca un'altra potrebbe capitare qualcosa di simile. Questo non spiega però esempi come il rimaneggiamento di Lewis. Esso è in mezzo a una di queste zolle, non ai limiti. Il suo spessore è di circa nove chilometri ed è lungo da duecento a cinquecentoventicinque chilometri. Basta uno sguardo per vedere come sia difficile ai geologi unifor-mitari credere che essa abbia percorso i cinquanta o sessanta chilometri necessari per trovarsi dov'è ora. Ma questo è quel che si dice.

Un certo numero di teorie, che cercano di spiegare come avrebbe potuto avvenire questo movimento della pietra sono state presentate fino ad ora. Alcune di queste potrebbero applicarsi a piccole quantità di rocce. Una teoria è che la legge di gravita abbia fatto muovere le rocce da una posizione superiore ad una inferiore. Ma questa idea non permette tuttavia di spiegare come le enormi masse di roccia di una superficie di molti chilometri quadrati, comprendenti intere montagne e valli che formano il rimaneggiamento di Lewis, avrebbero potuto scivolare. Né spiega d'altronde la mancanza di segni di movimento che ci si aspetterebbe di trovare. Benché sia una regione dall'aspetto un po' tormentato non v'è nulla che possa richiamare le prove di questo genere di movimento 16. Se oltre a tutto ciò, si immagina che il livello delle rocce sulle quali si trova il rimaneggiamento di Lewis fosse quello del mare, per scivolare sopra il rimaneggiamento avrebbe dovuto erigersi nel cielo fino ad una altezza di seicento metri più di quella dell'Everest che è attualmente la cima più elevata della superficie terrestre. Quindi per essere ancora più alta in maniera da scivolare per la distanza di cinquanta-sessanta chilometri, il rimaneggiamento in questione avrebbe dovuto raggiungere un'altezza che supera di molto il limite di credibilità. Se invece la terra fosse sprofondata davanti ad essa, il problema non ne sarebbe che reso più complicato. Ma non sono molti gli insegnanti che vogliono ingombrare le menti dei loro allievi con questo aspetto del quadro dell'evoluzione, poiché ciò renderebbe più difficile prestare la fede necessaria per accettare le conclusioni evoluzionistiche che vengono basate sui fossili.

Tutto ciò ci pone in presenza di un altro problema. I geologi d'ispirazione evoluzionista sono seguaci della scuola uniformitaria. Citiamo qui una definizione data dagli uni-formisti stessi: « Uniformismo, secondo il quale le cause determinanti dei fenomeni geologici sono le stesse che agiscono tuttora e anche la loro intensità non è stata in passato sensibilmente diversa; i fenomeni imponenti che noi rileviamo sono dovuti all'accumulo dei loro effetti nel tempo » 17 .

Come si è visto, in pratica gli evoluzionisti passano oltre quando una spiegazione uniformistica negherebbe la evoluzione, ma richiesto in generale per la teoria dell'evoluzione, l'uniformismo è necessario. Una delle ragioni è che i lunghi periodi di tempo necessari per costruire ogni cosa secondo i metodi odierni è una necessità per il traballante fondamento della teoria dell'evoluzione. Che un diluvio come quello descritto dalla Bibbia, avvenuto ai tempi di Noè, potesse depositare in un anno il materiale che si depositerebbe normalmente in molti anni sarebbe inaccettabile per l'evoluzione. Come dimostreremo, perché l'evoluzione sia una possibilità statistica, occorrerebbe un periodo molto più lungo di quello al quale si può giungere mediante qualsiasi metodo di datazione. Per questo motivo, ogni altro anno che gli evoluzionisti possono trovare da aggiungere, costituisce un sostegno alla loro teoria. Ciò non vuol dire che se vi fosse stato tempo a sufficienza l'evoluzione avrebbe potuto compiere quel che dicono i suoi sostenitori, ma si vuol semplicemente indicare il loro riconoscimento che senza un periodo fantasticamente lungo a propria disposizione, la evoluzione sarebbe semplicemente impossibile. È ovvio che Iddio avrebbe potuto effettuare la creazione con altrettanta facilità cinque miliardi di anni fa come avrebbe potuto farlo ieri, di modo che la questione del tempo non costituisce alcun problema né in un senso né in un altro per il sostenitore della creazione, a parte l'eccezione costituita dal fatto che le concezioni bibliche della creazione si dividono in due gruppi. Uno interpreta i sei giorni della creazione, citati in Genesi 1, come giorni di ventiquattro ore, mentre l'altro ritiene che la creazione fosse compiuta in sei periodi di tempo. Gli argomenti in favore di una creazione recente saranno presentati dove occorre, ma va ricordato che, per quanto una giovane età del mondo escluderebbe la possibilità di un'evoluzione dell'uomo a partire da una singola cellula, il dimostrare che il mondo è più vecchio non proverebbe, d'altronde, che l'evoluzione sia veramente avvenuta né che la Bibbia non dica il vero.

Evoluzionisti o creazionisti, ognuno si fonda in una certa misura su quel che sa del presente per interpretare il passato. Esistono tuttavia buone prove che non tutto ciò ch'è avvenuto nel passato si sia verificato alla stessa maniera ed allo stesso ritmo di oggi. Il cercare di comprendere queste cose come se fossero avvenute in tal modo per guadagnare qualche anno in favore dell'evoluzione non può che portare alla confusione. Il creazionista lo riconosce allorché insiste sul fatto che la creazione è avvenuta in un determinato momento e che non si tratta di un processo evolutivo ancora in atto. Anche l'evoluzionista vi crede, che voglia ammetterlo o no, allorché insiste che le montagne abbiano slittato su distanze di molti chilometri in un modo che non potrebbe avvenire adesso. Grandi parti del fondamento della teoria dell'evoluzione devono essere accettate per fede, senza alcun equivalente odierno.

Come divenire un fossile

Sono spiacente, ma oggi è difficile divenire un fossile. Per diventarlo, occorre essere preservati in qualche modo dalla decomposizione che comincia subito dopo la morte e continua fino al momento in cui l'organismo si è completamente decomposto.

Uno sguardo ai metodi mediante i quali vengono preservati i fossili è sufficiente per mostrare che vi sono stati cambiamenti nelle circostanze ambientali, i quali non si accordano col punto di vista uniformista della geologia.

In Siberia sono stati rinvenuti congelati nella melma, i resti di milioni di animali. Alcuni di questi si erano congelati con tanta rapidità che se ne sono mantenuti intatti la carne e i peli. La carne di alcuni esemplari era in condizione ancora tanto buona da poter essere data in pasto ai cani di slitta 18, e si dice che in un altra occasione, fu man-giata dagli scienziati ad un banchetto in Inghilterra. Questo congelamento rapido ed il restare in tale stato sono difficilmente spiegabili con le condizioni che si osservano oggi.

Un altro tipo di fossilizzazione è la conservazione delle ossa, dei denti e di altre parti resistenti. Essa avviene quando gli animali restano intrappolati in depositi nell'acqua. Ciò avviene ancora di tanto in tanto. È tuttavia difficile spiegare mediante gli odierni processi i grandi cimiteri di fossili che si rinvengono qua e là nel mondo. Vi sono aree dove, accumulati l'uno sull'altro, vi sono milioni di fossili, a volte si tratta di pesci, a volte di mammiferi, altre volte sono mescolati. La spiegazione di ciò sta in un cataclisma, e se si rifiuta di accettare come realmente avvenuto il diluvio biblico, occorre immaginare un altro grave cataclisma.

Un altro processo della formazione dei fossili è la carbonizzazione. I depositi carboniferi attuali sono il risultato di questo processso. Il carbone si è formato mediante la decomposizione di vegetali sottoposti ad un'enorme pressione.

La pietrificazione, altro modo di formazione dei fossili, richiede che il materiale da pietrificare sia completamente sotto suolo dove i minerali e l'acqua possano agire su di esso prima che il materiale si decomponga. Il noto evoluzionista L. S. B. Leakey, scrivendo a proposito di uno scarabeo, di bruchi ed altri insetti perfettamente pietrificati chiede: « Come si sono formati questi incredibili fossili? Non lo sappiamo » 19.

Vediamo quindi che l'evoluzione si trova in difficoltà a spiegare l'esistenza di molti dei fossili sui quali viene basata la prova in favore della teoria, senza abbandonare il punto di vista geologico uniformista che gli evoluzionisti ritengono dover difendere fin dove possibile perché vi sia un periodo di tempo abbastanza lungo da permettere lo svolgersi dell'evoluzione.

Le date radioattive

Oggi si attribuisce grande importanza alle date stabilite mediante l'utilizzazione di quanto noto alla scienza sulla rapidità di decomposizione dei materiali radioattivi. Spesso autori pieni di entusiasmo nello scrivere per il grosso pub-blico danno l'impressione che questo metodo abbia stabilito al di là di ogni possibile dubbio le date in questione.

Per esempio nello scrivere a proposito della sua famosa scoperta di un fossile, che a quell'epoca egli considerava d'uomo, il Leakey affermò: « Adesso siamo infine in possesso dei fatti, che sono veramente sconvolgenti. Il processo di datazione al potassio e all'argon fa risalire il Zinjan-tropo non a centinaia di migliaia di anni or sono, ma ad un lontano passato quasi incredibile di un milione e settecento-cinquantamila anni » 20.

In testi scientifici maggiormente specializzati cerchiamo tuttavia invano questa certezza. Anzi, dopo aver discusso i metodi ed i problemi della datazione mediante la radioattività, A. C. Woodford conclude, e la maggioranza degli evoluzionisti è d'accordo: « Attualmente la correlazione fra i fossili sembra esser la guida più sicura nella maggior parte dei casi »21. In pratica le date ottenute col metodo della radioattività, e che i geologi accettano, sono quelle che concordano con la datazione dei fossili.

Perché la certezza della datazione radiometrica svanisce come nebbia al sole quando le autorità in materia si rivolgono ad un pubblico di geologi? Uno sguardo dato più da vicino a questo metodo di datazione ne fornirà la spiegazione. Prima di tutto, qualunque sia il materiale radioattivo considerato, carbonio, potassio, uranio o altro, il metodo generale è lo stesso. La sostanza che si decompone mediante la proiezione di particelle atomiche deve essere misurata accuratamente, ed i prodotti di questa decomposizione devono esser misurati accuratamente. Conoscendo la velocità di disintegrazione e supponendo che essa si sia mantenuta costante nel corso dei secoli, si possono fare i calcoli per determinare l'età. Con metodo equivalente potreste determinare da quanto tempo bruci una candela misurando quel che ne resta e calcolando la rapidità con la quale brucia attualmente. Se la candela ha sempre bruciato a quella velocità e la vostra supposizione è esatta circa la lunghezza originale, allora potete aver ragione. Non potete mai sapere, tuttavia, in maniera certa se queste supposizioni circa la velocità e la lunghezza erano esatte 22 .

Ad eccezione di quanto avviene col metodo di datazione col carbonio 14, i fossili in questione non possono venir datati essi stessi, ma si possono datare solo gli strati nei quali essi si rinvengono. Ciò viene reso ancora più complicato per il fatto che le rocce sedimentarie contenenti fossili non possono datarsi. Le date si devono calcolare trovando degli strati ignei contenenti i materiali radioattivi appropriati e cercando di fare una correlazione fra la loro età e quella degli strati sedimentari in questione a seconda della loro posizione superiore, inferiore, ecc.

Un altro problema importante è che l'elemento originale ed il prodotto della radiazione hanno gradi diversi di solubilità nelle varie soluzioni minerali contenuti nella falda acquifera, ed è impossibile sapere con certezza quanto di ciascuno è stato portato via nel corso dei secoli, problema reso fantasticamente più complesso se si accettano i milioni di anni che vengono generalmente presentati. Vi è poi anche il rischio della presenza di uno dei due elementi trasportato sul posto dall'acqua; cosa che riduce grandemente l'accuratezza del metodo.

Il risultato è che delle centinaia di date determinate con questo metodo, la maggior parte è stata respinta dai geologi stessi, ad eccezione delle date stabilite col carbonio 14 che sono considerate più attendibili.

La data relativa al cranio summenzionato rinvenuto dal Leakey, fu determinata mediante uno dei metodi più importanti di datazione basati sulla radioattività, quello della disintegrazione del potassio. Il prodotto della disintegrazione del potassio che viene misurato dagli scienziati è l'argon. L'intera conclusione è nulla se i composti del potassio, che è uno degli elementi più attivi, o dell'argon che è un gas, vengono sciolti e portati via dalla falda acquifera; così è nulla se scappano in qualche altro modo in un periodo che molti ritengono di essere di milioni di anni.

Così non è cosa facile esser sicuri di misurazioni accurate. Nel caso dell'argon, il campione deve esser liberato dell'argon contenuto nell'aria riscaldandolo, ecc. e quindi riscaldato ulteriormente per liberare l'argon formatesi nel campione e che viene assorbito nel carbone vegetale, che non contenga altro argon.

L'importanza che la datazione mediante la radioattività ha per la teoria dell'evoluzione deriva dal fatto che questo metodo di datazione da origini molto antiche e fa di solito-risalire la terra ad un periodo che va dai tre ai cinque milioni di anni fa. Questo non è sufficiente paragonato a quel che sarebbe stato necessario se le cose viventi si fossero veramente formate per evoluzione, poiché nessun lasso di tempo è sufficiente a creare l'uomo a partire dalle variazioni dovute al caso, ma dal punto di vista psicologico ciò costituisce un certo aiuto. Se quella è praticamente l'età della terra, ciò non prova che Iddio non l'abbia creata con le cose che contiene. Se invece, la sua età è meno lunga, ciò dovrebbe costituire una buona prova contro l'evoluzione. Nel migliore dei casi le date ottenute mediante la radioattività sono incerte poiché si fondano su presupposti che nessuno può provare, e cioè che la rapidità della disintegrazione non sia mai mutata, che all'inizio non v'era nessuno dei prodotti derivati dalla radiazione e che negli anni intercorsi non sia accaduto nulla che infici l'accuratezza delle-misure eseguite.

La datazione mediante il radiocarbonio

Pur andando incontro ad alcune delle stesse difficoltà provate da altri metodi di datazione mediante la radioattività, la datazione mediante il radiocarbonio è importante per stabilire l'età dei fossili umani. L'isotopo carbonio 14, che è radioattivo viene introdotto nell'aria ad un'altezza di circa otto o novemila metri, allorché i raggi cosmici s'incontrano col nitrogeno dell'aria. Il carbonio radioattivo forma-tosi reagisce con l'ossigeno dell'aria formando anidride carbonica che viene assorbita dalle piante ed in tal modo trasmessa agli animali che mangiano. Una pianta o un animale che muore cessa di assorbire nuovo biossido di carbonio, ed il carbonio 14 precedentemente assorbito si disintegra ad un ritmo costante della metà della quantità totale ogni 5568 anni. (Alla Quinta Conferenza per la Datazione mediante il Radiocarbonio, del 1962, si disse invece che tale periodo era di 5730 anni). Il padre del sistema di datazione mediante il radiocarbonio, H. F. Libby, sua più alta autorità, dice che le date ottenute mediante il radiocarbonio concordano con quelle storiche fino a 4000 anni or sono. Per le date non riportateci dalla storia egiziana « l'incertezza della storia e la divergenza delle date al di là dei 4000 anni fa sono grandi » 23 .

Per quanto riguarda la conformità delle date della storia d'Egitto e quelle ottenute mediante il radiocarbonio « i due gruppi di date concordano fino a quattromila anni fa » 24 . Per il dottor Libby la maggiore mancanza di concordanza per le date più antiche è dovuta all'imprecisione delle più antiche date storiche, benché ciò possa anche attribuirsi all'inesattezza delle date ottenute mediante il carbonio a causa di una più o meno intensa attività di onde cosmiche e ad un> certo numero di altri fattori troppo complicati perché se ne possa discutere in questa sede.

Poiché per le teorie evoluzioniste la terra dovrebbe esser molto antica, si suppone che la quantità di radiocarbonio nell'atmosfera resta invariata perché da molto tempo è stato raggiunto un equilibrio fra la velocità di formazione e quella di decomposizione. Fatto sta, tuttavia, che la velocità di formazione è di atomi 2,5 per centimetro quadrato al secondo e quella di decomposizione di atomi 1,9 per centimetro quadrato al secondo. Per Libby la differenza è dovuta al radiocarbonio irrimediabilmente depositato nel fondo del mare.

Il professor M. A. Cook, vincitore del premio Nobel per la chimica, sostiene che ciò significa che i sedimenti avrebbero dovuto accumularsi nel mare con una rapidità da 135 a 200 volte maggiore di quanto supposto dai geologi unifor-misti, e che o l'evoluzione viene ridotta da seicento milioni di anni ad un massimo di quattro milioni e quattrocentomila anni oppure che non è stato ancora raggiunto un equilibrio, cosa che lascerebbe supporre una data di creazione ancor più recente. In nessuno dei due casi vi sarebbe stato abbastanza tempo perché l'evoluzione avesse luogo in maniera da concordare con le teorie evoluzioniste attuali. Un'alternativa alla spiegazione fornita dal Libby, secondo cui invece di esser irrimediabilmente depositato nel fondo del mare, il carbonio viene in qualche modo fatto nuovamente circolare, si trova di fronte a quasi la stessa difficoltà, e ciò significherebbe anche che le date ottenute col radiocarbonio sono troppo antiche 25 .

Le date ottenute mediante il radiocarbonio sono state pubblicate in Science fino al 1959 e in Radiocarbon Annual a partire da quell'epoca. Nell'esaminare queste date, per prima cosa si è colpiti dal fatto che la stragrande maggioranza dei campioni datati sono piuttosto recenti e che solo una percentuale alquanto piccola ha più di diecimila anni.

R. L. Whitelaw, professore di ingegneria meccanica e nucleare al Virginia Polytechnic Institute ha proceduto ad analizzare le quindicimila date determinate nei trent'anni dal momento in cui questo procedimento di datazione è entrato in uso. Egli propone che se i lunghi periodi di tempo postulati dagli evoluzionisti sono esatti, tale campionario eclettico dovrebbe contenere ventimila campioni non databili (poiché il radiocarbonio si sarebbe già decomposto) per ogni campione databile. Forse la decomposizione dei più antichi unitamente ad un certo interesse per lo studio dei più recenti campioni archeologici ridurrebbe alquanto questa proporzione, ma le scoperte da lui fatte restano impressionanti. Controllando tutte le date fino alla fine del 1969, egli ha scoperto che solo una piccola percentuale non può essere datata mediante il radiocarbonio. Soltanto tre (alcune uova di megapodo) delle quindicimila date sono definite « infinite » ed alcune altre risalenti a più di cinquantamila anni! Tutti i resti umani e gli oggetti preistorici datati sono stati fatti risalire ad un periodo comprendente sessantamila anni.

Altri metodi di datazione

Qui entrano in scena altri metodi per calcolare l'età della terra. Gli scienziati hanno calcolato che, ritenendo che in origine il mare non contenesse sale e che esso non vi sia mai stato aggiunto in una percentuale maggiore di quella attuale, l'oceano non potrebbe avere più di duemila anni, probabilmente non più di cinquantamila anni. Non v'è alcun motivo per credere alla prima affermazione, secondo la quale all'inizio l'oceano non contenesse affatto sale, e la seconda è ovviamente falsa, poiché il sale è prontamente solubile e si sarebbe naturalmente dissolto e depositato più rapidamente se all'inizio l'oceano non avesse contenuto sale, perché la percentuale contenuta nei continenti sarebbe dovuta esser molto maggiore.

Tutto ciò indica una creazione molto recente. Gli scien-ati evoluzionisti hanno riconosciuto questo problema da molto tempo, ma invece di accettare la data fornita dal tenore salino dell'oceano hanno accettato quelle che maggiormente appoggiano la loro teoria. Alcuni scienziati, nel tentativo di risolvere il problema, hanno suggerito un ciclo salino. Un po'di sale viene naturalmente ridepositato sui continenti da animali, ecc. Ma la loro idea è che l'oceano oggi non è più salato di come lo è realmente, perché, mediante un processo finora sconosciuto, il sale ritorna ai continenti dal mare per esser nuovamente riportato nel mare. Concedendo loro il beneficio del dubbio (servendosi della più antica età possibile che secondo essi il metodo basato sul sale potrebbe assegnare allo oceano, e delle minori età fornite dalla radioattività che secondo essi potrebbe avere la terra) l'età della terra secondo il metodo della radioattività è almeno venti volte quello dell'età secondo il metodo della salinità. Il sale avrebbe dovuto compiere il suo ciclo completo attraverso i continenti almeno venti volte. Per credere a ciò, si dovrebbe credere che mentre il sale attraversava i continenti almeno venti volte, i materiali impiegati nel processo di datazione radioattivo non avrebbero potuto spostarsi per la distanza minima sufficiente a rovinare la precisione della loro datazione!

Il sale comunque non è l'unico materiale sciolto dai continenti e portato nei mari. Morris, in un interessante elenco di 76 vari tipi di prove a favore di una terra di recente formazione, enumera 33 elementi la cui presente velocità di accumulazione nell'oceano è stata controllata e trovata indicante un'età relativamente recente della terra: 27 di essi la indicano essere inferiore a un milione di anni e 15 fra questi indicano un'età inferiore a 100.000 anni 26 .

Un'altra prova in favore di una creazione recente ci è data da studi iniziati nel 1968 su campioni prelevati nei fondi marini. « Il sedimento formato dai microscopici organismi marini e dalla polvere portata nel mare dai fiumi e dal vento, avrebbe dovuto ricoprire nel corso dei secoli i fondi marini per una profondità uniforme di almeno diciotto chilometri. Invece, al centro dell'Atlantico non esiste praticamente nessun sedimento e solo un leggero strato di circa seicento metri al suo limitare » 27 . Oggi giorno è difficile calcolare quale età si potrebbe assegnare al mare ma ovviamente essa non basterebbe per l'evoluzione alla maniera nella quale essa sarebbe avvenuta secondo gli evoluzionisti. Poiché d'altro canto, gli oceani coprono tre quarti della superficie terrestre, si verificherebbero, serie difficoltà a voler nascondere questo materiale.

La nuova teoria che la superficie della terra sia composta di zolle così grandi da includere interi continenti che si muovono di qualche centimetro all'anno e del quale una parte nel mezzo del mare torna lentamente nel centro della terra può spiegare la mancanza di una certa parte di questi sedimenti in certi posti del mare, ma fino a questo momento sembra difficile che essa possa spiegare tutto.

L'età della terra può anche essere calcolata dalla quantità di polvere delle meteoriti che si è accumulata. Se la terra è dell'età che suppongono gli evoluzionisti, dovrebbe contenere accumulato, uno strato di circa sedici metri da quando la crosta della terra si è solidificata. Invece non c'è quasi niente. Si calcola uno strato di sedici metri di polvere meteorica, supponendo che essa si sia accumulata sempre alla stessa velocità di oggi. Ma ci sono delle buone probabilità che invece si sia accumulata molto più rapidamente negli anni passati.

Se come ragione per spiegare la mancanza di questi sedici metri di polvere di meteorite viene presentata l'idea che forse si sono mischiati con la polvere della superficie terrestre, subentra un altro problema. « La polvere meteorica è ricca di nichelio. Supponendo che in origine il nichelio fosse completamente mancante, occorrerebbe una mescolanza verificatasi fino ad una profondità di circa cinque chilometri per provvedere sufficiente nichelio » 28 . Si calcola che ogni giorno cadono sulla terra più di mille tonnellate di polvere meteorica 29 .

Secondo la datazione radioattiva, la luna ha la stessa età della terra. Poiché essa manca di atmosfera per permettere l'erosione, si suppose che avesse accumulato uno strato di polvere meteorica dello spessore di molti metri e perciò il primo razzo mandato ad esplorare il nostro satellite fu equipaggiato in modo da poterla affrontare. Secondo Rackham si era creduto che ogni metro quadrato della superficie lunare raggiungesse in media un accumulo di materiale meteoritico di cinque tonnellate con una profondità di circa 15 metri. Egli cita T. Gold come colui il quale suggerì che l'elettricità statica favorirebbe lo spostamento in declivio della polvere, cosicché quella accumulatasi nei luoghi bassi raggiungerebbe parecchi chilometri in profondità. Si è scoperto invece che sebbene la luna sia coperta di polvere, ve ne è soltanto uno strato leggero!

Se la luna e la terra, come la maggior parte degli scienziati ritiene, hanno all'inarca la stessa età, questa è una solida prova che esse non sono esistite abbastanza a lungo per permettere che l'evoluzione producesse la vita che attualmente è sulla terra.

Anche i risultati dell'Apollo II sono illuminanti: gli elementi ferrosi trovati nei comuni meteoriti « o non si notano o sono scarsi » nei campioni di superficie lunare riportati a terra ed esaminati. A meno che la luna non si sia formata troppo recentemente per accumularli, perché questa scarsezza di meteoriti? 30

La velocità di formazione dei delta dei fiumi è un altro campo che offre una certa possibilità di penetrare l'età dei continenti. Molti dei fiumi più grandi del mondo trasportano immense quantità di detriti che formano i delta troppo rapidamente rispetto alla normale idea evoluzionistica circa il tempo geologico. Il mondo non può essere tanto vecchio quanto gli evoluzionisti affermano, perché l'estensione dei delta è insufficiente.

Gli evoluzionisti ritengono che i continenti siano esistiti per miliardi di anni con processi durati per tutto questo tempo allo stesso ritmo di oggi. Per esempio credono che i dinosauri siano vissuti 70 milioni di anni fa sui continenti dove ora se ne sono trovate le ossa. I delta comunque si vanno formando così rapidamente che molti di essi già avrebbero girato intorno al mondo molte volte se realmente i continenti fossero esistiti da così lungo tempo.

Per esempio: « Lo Yangtze scarica una gran quantità di detriti nel Mar della Cina. Così facendo deposita terra nell'acqua ad una velocità di circa un chilometro ogni quaranta anni » 31.

A questo ritmo, lo Yangtze, in poco più di un milione e mezzo di anni si sarebbe esteso tutto intorno al mondo. Dal tempo proposto per i dinosauri avrebbe compiuto qua-rantasei giri del mondo! Ovviamente ciò non è accaduto. Stendendosi sino ai limiti massimi, quella parte della valle dello Yangtze che potremmo considerare come parte del delta non potrebbe superare i 1100 chilometri. Più probabilmente non supera i 500 chilometri in lunghezza. Questa regione dunque non sarebbe esistita abbastanza a lungo per consentire l'evoluzione.

La comune spiegazione data dalla geologia uniformitaria è quella secondo cui il peso dei sedimenti provoca un così grande abbassamento del fondo oceanico che i delta non si formano tanto rapidamente quanto la quantità di terra che trasportano porterebbe a credere. Questa idea appare piuttosto sospetta dato che i sedimenti pesano poco più dell'acqua che spostano e quindi aggiungono poco peso allo strato più-basso. Osserviamo anche i getti di lava che spostano l'aria invece dell'acqua e quindi aggiungono molto più peso, eppure essi, mentre si accumulano, non provocano sulla superficie terrestre molta depressione. La spiegazione dell'abbassamento del fondo oceanico, ci viene offerta per guadagnare tempo da coloro che hanno bisogno di lunghi periodi perché si verifichi l'evoluzione.

Vi è almeno un delta dove abbiamo una lunga documentazione storica. Secondo l'Enciclopedia Britannica, nel 3.500 a.C. la città di Ur era situata sul delta del Tigri-Eufrate, sulla riva del Golfo Persico. In circa 5.500 anni il delta è avanzato a tal punto che la città di Ur (che non si è spostata) adesso si trova a 321 chilometri dalla costa del Golfo.

Questo fatto sbalorditivo ci mostra che, si sia abbassato o no il fondo dell'oceano, in appena 5.500 anni il sistema fluviale Tigri-Eufrate ha formato 320 chilometri di delta. Questo da una velocità di formazione di circa 58 chilometri ogni mille anni, il che è troppo veloce perché abbia luogo l'evoluzione.

È probabile che il Tigri e l'Eufrate, anticamente, depositarono i materiali del delta più rapidamente di oggi, dato che questi sarebbero stati depositati nelle acque più basse vicino alla sponda regolare, i fiumi avrebbero avuto disponibile una superficie maggiore da erodere, ecc. Ciò significa che il tempo impiegato per formare il delta è stato più breve di quanto lo sarebbe alla velocità odierna.

Sembra che il delta tra Ur e le montagne non sia più di due volte più lungo che tra Ur e il golfo, ma anche se supponiamo che una volta il Golfo Persico si estendeva veramente fino alla valle dell'Eufrate, così che le montagne della Siria ne fossero l'estremo confine o la tagliassero tutta fino al mare Mediterraneo (che certamente è il limite), il processo di formazione del delta avrebbe dovuto avere inizio meno di 40.000 anni fa. Questo sarebbe un periodo troppo breve per il verificarsi di qualsiasi evoluzione.

Un'altra prova a favore della recente formazione della terra è la velocità di diminuzione del suo campo magnetico. Dal 1885 in poi, in numerose località del mondo si è accuratamente misurata ad intervalli di pochi anni, la potenza del magnetismo terrestre e si è scoperto che gradatamente essa va diminuendo. Dato che il campo magnetico emette costantemente energia, c'è da aspettarselo. La rapidità con cui va diminuendo ovunque è sorprendente!

Ogni 1.400 anni la forza del campo magnetico diminuisce della metà. Questo significa che l'età della terra si dovrebbe misurare in migliaia anziché in milioni di anni.

I fossili fuori posto

Poiché gli evoluzionisti stabiliscono l'età degli strati sulla base dei fossili che vi sono rinvenuti, questi dovrebbero corrispondere alle età attribuite alle rocce nelle quali sono rinvenuti. Ma sovente non è così 32 .

Allorché, invece di formare una progressione dal semplice al complesso, i fossili vengono rinvenuti insieme in una tale varietà di complessità che secondo la teoria non sarebbe stata possibile, poiché non viventi alla stessa epoca, si dimostra che non sempre la prova fornita dai fossili milita a favore della tesi evoluzionista, come si vuol fare apparire.

Uno degli esempi più interessanti di fossili che non coincidono con gli strati nei quali si trovano è costituito dal caso delle orme apparentemente umane e la cui importanza è sufficiente da meritare che si presenti qui questa lunga citazione di Henry M. Morris, capo del dipartimento di ingegneria civile del Virginia Polytechnic Institute:
 

V'è, per esempio, il caso delle orme umane frequentemente rinvenute in strati ritenuti antichissimi. L'uomo, naturalmente, si suppone si sia sviluppato solo nel tardo terziario al più presto, e che perciò risalga solo ad un milione di anni fa. Ma quelle che sembrano impronte di piede umano sono state rinvenute in rocce antiche quali quelle del periodo carbonifero, vecchie probabilmente di duecentocinquanta milioni di anni. Dice lo Ingalls:

« In località che vanno dalla Virginia e dalla Pensilvania, attraverso il Kentucky, l'Illinois, il Missouri e verso occidente fino alle Montagne Rocciose, orme simili a quelle sopra mostrate (si riferisce a diverse fotografie che accompagnano il testo) e con una lunghezza variante da cm. 12 a 25, sono state rinvenute sulla superficie di rocce portate alla luce, ed un numero sempre maggior di esse viene trovato col passare degli anni ».

Queste orme sembrano, secondo ogni evidenza, esser state lasciate da piedi umani in un'epoca in cui tali rocce erano fango soffice. Come viene indicato nella citazione, non si tratta di un caso raro ma piuttosto frequente. I geologi si rifiutano tuttavia di accettarne l'evidenza, poiché ciò vorrebbe dire o che l'uomo moderno è vissuto già nei primi anni della supposta storia evoluzionistica o che questa storia deve esser condensata, riducendola alla durata misurata dalla storia umana. Nessuna delle due alternative è accettabile. Dice lo Ingalls:

« Se l'uomo, o perfino il suo antenato scimmia o finanche l'antico antenato mammifero dell'antenato scimmia, è già esistito sotto una qualsiasi forma nel periodo carbonifero, allora tutta la scienza geologica è errata, al punto che tutti i geologi dovrebbero dare le proprie dimissioni per diventare camionisti. Ne risulta che almeno per ora la scienza respinge la seducente spiegazione secondo la quale l'uomo lasciò coi suoi piedi queste misteriose impronte nel fango del periodo carbonifero » 33 .


Poiché questi strati sono, secondo gli evoluzionisti, circa duecentocinquanta volte più antichi rispetto a quella che potrebbe esser la data alla quale comparve l'uomo, è chiaro che ciò pone un problema. Secondo A. C. Ingalls, gli scienziati, i cui presupposti non permettono loro di accettare queste impronte come quelle di piedi umani, si dividono in due categorie, in conformità delle due soluzioni possibili circa la loro origine: 1. Che esse furono scolpite da antichi indiani; 2. Che furono lasciate da un animale sconosciuto con orme rassomigliami a quelle di esseri umani .

Un'altra prova simile, ma più interessante, è stata rinvenuta al fiume Paluxy presso Glen Rose, nel Texas. Quivi sono state rinvenute in uno stesso strato, che, si suppone, risale al periodo cretaceo, orme di uomini e di dinosauri. Ma, secondo la teoria evoluzionista, l'uomo non fece la sua; comparsa che settanta milioni di anni dopo quel periodo. Sembrerebbe perciò impossibile che si potessero trovare l'una accanto all'altra, le due serie di impronte negli stessi strati messi a nudo da un fiume, se realmente fra l'uomo ed il dinosauro è intercorso un periodo di settanta milioni di anni. Morris conclude che ambedue risalgono a dopo la creazione dell'uomo e che i periodi di tempo postulati dagli evoluzionisti sono grandemente esagerati. Altri evoluzionisti hanno suggerito invece che le orme forse erano state scolpite sulla roccia da qualcuno per inganno, ma poiché scavi fatti più recentemente hanno mostrato che le orme continuano per molta distanza sotto la roccia, questa possibilità è stata eliminata.

Un'altra recente scoperta è quella dei fossili di due uomini moderni rinvenuti in una miniera di rame nel Moab, Utah. La roccia dove i fossili sono stati trovati sembra che si sia formata mentre i fossili erano già dentro e non che-furono messi più tardi. Questo strato, secondo i geologi, risale a cento milioni di anni fa35.

Un altro fossile, tanto fuori ordine dal punto di vista evoluzionista, da non essere preso neppure in considerazione, è quello dell'orma di un sandalo trovato nella roccia cambriana. Questo è il più vecchio strato contenente fossili, e vari fossili trilobiti, che sono i fossili guida di quel periodo si vedono chiaramente nell'orma 36.

All'altro estremo, per quel che riguarda questo tipo di evidenza fossile, troviamo che alcuni animali, ritenuti estinti da anni e di cui ci si serviva per datare gli strati nei quali venivano rinvenuti, sono stati rinvenuti viventi ancora oggi. Questi pochi esempi servono a sottolineare il fatto che la datazione degli strati comporta molti problemi. Scrivendo a tale proposito, Robin S. Allen, geologo di una certa importanza, afferma:
 

Per la sterilità dei suoi concetti, la geologia storica, che comprende la paleontologia e la stratigrafia, è divenuta statica e improduttiva. I metodi correnti per delimitare gli intervalli di tempo, che sono gli elementi fondamentali della geologia storica, e per stabilire la cronologia, sono di dubbia validità. Ma quel che è peggio, i cri-teri di correlazione, il tentativo di esprimere i dati di tempo o di sincronizzare la storia di un luogo dal punto di vista geologico con quella di un altro, sono vulnerabili dal punto di vista logico. Le scoperte della geologia storica sono dubbie perché i principi sui quali si basano o sono inadeguati, ed in tal caso andrebbero riformulati, o sono falsi, ed in tal caso andrebbero respinti.

La maggior parte di noi ci rifiutiamo di respingerli o di riformularli, e ne risulta l'attuale deplorevole stato della nostra disciplina 37 .


Poiché all'epoca attuale animali di ogni grado di complessità vivono insieme sulla stessa terra alla stessa epoca, il fatto che una certa roccia contenga fossili di un certo grado di complessità non prova certamente che l'animale vivesse in una certa era passata. Ciò diviene particolarmente ovvio quando la roccia si trova al di sotto di altri strati contenenti fossili meno complessi.

L'evidenza che ogni specie di piante e di animali hanno sempre vissuto insieme è importante, perché se si potesse provar ciò, si eliminerebbe completamente la teoria della evoluzione e si appoggerebbero quelli che credono che la creazione si è verificata in sei giorni veri e propri.

Questa prova non costituisce tuttavia una necessità per i sostenitori della creazione, molti dei quali ritengono che Iddio creò in un periodo più lungo di tempo e insistono sulla coincidenza generale (benché non completamente priva di eccezioni) fra l'ordine della creazione secondo la Bibbia e la sequenza dei fossili presentata dagli evoluzionisti.
 

Tenuto conto del rapporto fra i ritrovamenti fossili e l'origine e la storia della vita, è significativo notare che in ogni successione di rocce stratificate abbastanza spesse da ricoprire un lungo periodo di tempo, esiste un notevole parallelo fra la successione e gli atti creativi 38 .


Avendo dato uno sguardo ai fossili in generale ed alla loro importanza per la teoria dell'evoluzione, passiamo ai fossili più importanti.

Il cavallo: la migliore prova dell'evoluzione

Come precedentemente è stato dimostrato, si nota una regolare assenza di fossili di transizione tra una specie e l'altra che possano sostenere la tesi evoluzionistica che gli animali, col tempo, si sono cambiati progressivamente da una forma in un'altra. Nella maggior parte dei casi gli evoluzionisti non sono d'accordo fra loro neppure riguardo a quale sia l'animale da cui qualsiasi altro si è originato.

Il cavallo è di solito ritenuto essere un'eccezione a. questa regola e la miglior prova fossile che l'evoluzionista, ha nel suo arsenale.

L'Enciclopedia Americana dice: « Fra i numerosi esempi di evoluzione organica, quello citato e discusso più frequentemente di qualunque altro è quello del cavallo » 39 . Il testo successivo afferma che il cavallo è l'animale i cui resti fossili dimostrano più chiaramente di quelli di qualunque altro animale il processo evolutivo, e che questa evoluzione-si è verificata in maniera regolare.

L'Enciclopedia Britannica è d'accordo, dicendo: « La. famiglia del cavallo possiede i migliori documenti fossili di qualsiasi gruppo di mammiferi » 40 .

Poiché il cavallo fornisce le migliori prove fossili che gli evoluzionisti hanno, è importante notare cosa dimostrano queste prove, e che cosa non dimostrano. Esse consistono in un numero di fossili messi in ordine secondo la loro somiglianzà al cavallo moderno. Questi fossili non sono stati trovati depositati uno sopra l'altro con quello considerato-più vecchio sotto, ma dispersi a casaccio nel mondo, rendendo molto difficile la determinazione di qualche relazione-tra di loro. Neppure tra gli evoluzionisti esiste un completo accordo se tutti questi animali devono essere considerati come passi evolutivi del cavallo o se alcuni erano animali distinti-che non avevano niente a che fare col cavallo.

Quando vengono ritrovati i fossili dei vari animali considerati come anelli di passaggio nell'evoluzione del cavallo, non mostrano un ponte graduale dall'Eohippus che è considerato il più vecchio fino al cavallo moderno; anzi come spiega l'evoluzionista du Nouy: « Ognuno di questi inter-mediari sembra apparso improvvisamente e non è stato ancora possibile per la mancanza di fossili, ricostruire il passaggio fra questi intermediari. Però questo passaggio dovrebbe essere esistito. Le forme conosciute rimangono separate come i pilastri di un ponte crollato. Noi sappiamo che il ponte è stato costruito, ma rimane soltanto un po' dei pilastri. Possiamo immaginare che la continuità non sarà mai stabilita dai fatti » 41.

Goldschmidt, un altro evoluzionista, dichiara: « Entro le serie che hanno conosciuto un'evoluzione graduale come quella famosa del cavallo, i passi decisivi sono all'improvviso e senza transizione » 42.

Dunque è chiaro che i fossili non mostrano una gamma continua di evoluzione dall'Eohippus al cavallo. Ciò che essi mostrano è un numero di animali distinti mancanti di anelli di congiunzione fra loro. Essi possono però essere ordinati in modo da mostrare qualche passo evolutivo -- con particolare riguardo all'evoluzione dei piedi -- che potrebbe essere necessario se il cavallo moderno si sviluppò dall'Eohippus. Una differenza nella grandezza dei fossili è di solito considerata una delle evidenze dell'evoluzione. L'Eohippus che viene messo per primo nella linea, era più piccolo del cavallo moderno, ma la differenza di grandezza è di solito esagerata paragonando la grandezza dell'Eohippus più piccolo, che era pressapoco quella di un piccolo cane, ai cavalli moderni. L'Enciclopedia Britannica dice però: « Varie specie di Eohippus della grandezza di un cane a quella di un cavallino vissero in America del Nord e in Europa... » 43 .

Come si potrebbe paragonare la grandezza del più piccolo cavallo moderno con quella dell'Eohippus? Le seguenti citazioni ne danno qualche idea: « Una razza di cavallino allevata in Inghilterra spesso raggiunge la grandezza massima di non più di 72 cm » 44. Facendo riferimento a un cavallo allevato in Argentina: « Questo piccolissimo cavallo è un animale alto 38 cm, e pesa 11 kg. contro i 30 di un grosso cane » 45 .

Poiché l'Eohippus più grande aveva la grandezza di un pony scozzese ed era quindi considerevolmente più grande del più piccolo moderno cavallo, di solito nella disputa evoluzionistica la differenza di grandezza non viene considerata di grande importanza.

Inoltre se il moderno cavallo proviene dall'Eohippus, nel processo evolutivo esso ha perduto alcuni denti ed ha mutato una schiena dalla più robusta forma ad arco in una più debole, diritta o addirittura curvata in basso. Queste due cose sembrano essere dei passi indietro verso uno stato meno complesso e funzionale.

Quando i fossili classificati nella successione del cavalla vengono ordinati in modo appropriato per mostrare una progressiva diminuzione nel numero delle dita, il numero delle costole aumenta e diminuisce senza una progressione evolutiva in nessuna direzione.

Il cervello invece cui non viene data la stessa importanza del numero delle dita come prova dell'evoluzione del cavallo è un organo di questo animale in cui qualche evidenza sembra indicare che il cavallo moderno è più complesso del dell'Eohippus.

Il cavallo moderno ha un cervello ripiegato e solcato, mentre comunemente si riferisce che l'Eohippus l'abbia avuto liscio, cioè senza scanalature come quello di un rettile. (Non tutti sono d'accordo su questo. Radinsky, un evoluzionista egli stesso, presenta la prova che la vecchia teoria dell'Eohippus dal cervello liscio fu basata sulla errata classificazione di un fossile) 46.

Se Radinsky ha torto e l'Eohippus ebbe realmente un cervello liscio, questa sembrerebbe una buona prova per l'evoluzione, se non che gli evoluzionisti ritengono che anche la mucca si sia sviluppata dall'Eohippus, ma su una linea completamente separata dal cavallo. Il cervello del cavallo e quello della mucca, comunque, sono così simili l'uno all'altro che la maggior parte delle piegature nel cervello del cavallo hanno le parti corrispondenti nel cervello della mucca. Essi sono tanto uguali che per la stragrande parte si usano gli stessi nomi per ambedue! Se come gli evoluzionisti ci dicono, la mucca e il cavallo non si sono sviluppati l'uno dall'altro, ma tutti e due provengono, attraverso linee separate per mezzo di mutazioni casuali, dall'Eohippus dal cervello liscio, sembra estremamente improbabile che ambedue i cervelli si sarebbero sviluppati in maniera così simile nella struttura. La prova starebbe a dimostrare che ambedue furono creati dallo stesso progettista.

La prova più solida dell'evoluzione

Abbiamo già accennato al fatto che i ritrovamenti fossili forniscono la prova più autorevole esistente a favore dell'evoluzione e che la famosa successione del cavallo è considerata la miglior prova che i fossili di cavallo forniscono a favore dell'evoluzione, siamo arrivati al punto culminante! Siamo pronti ad esaminare quale evidentemente è l'unica prova più importante. L'arma più grossa esistente nell'arsenale degli evoluzionisti è pronta a sparare! Osserviamo quanto danno essa può arrecare alla teoria creazionista!

L'Eohippus aveva quattro dita nel piede anteriore e tre nel posteriore, anziché uno solo per ogni piede come il cavallo moderno. Aveva anche una caviglia più complessa e due ossa nella zampa anteriore, anziché una sola come il cavallo moderno. Questa struttura dava all'Eohippus la stessa rotazione che tu hai nell'avambraccio 47.

Se i fossili che sono stati ordinati in successione per dimostrare l'evoluzione del cavallo hanno realmente avuto la relazione dall'uno all'altro che gli evoluzionisti sostengono, essi dimostrano che il cavallo, attraverso gli anni, ha perduto un bel numero di dita, come pure altre ossa del piede e della zampa. La perdita delle dita non rende un organismo più complesso, bensì più semplice. Il processo portato all'estremo potrebbe ridurre il cavallo in un animale unicellulare e non già sviluppare un cavallo da un'unica cellula.

La grossa arma ha fatto fuoco all'indietro: il cavallo ci sta portando indietro!

I fossili del cavallo procedono troppo lentamente

Qui l'evoluzionista si trova a dover affrontare un altro problema molto serio. Mentre la prova a favore dell'evoluzione del cavallo non dimostra l'aumento nella complessità necessaria a provare l'evoluzione, essa grida a gran voce che non ci fu tempo sufficiente perché la vita intorno a noi si sviluppasse mediante metodi evoluzionistici. Gli strati più antichi, contenenti fossili multicellulari indiscutibili, sono quelli del periodo Cambriano che si dice abbia avuto fine circa 480 milioni di anni fa. In essi sono stati trovati fossili appartenenti ad una grande varietà di invertebrati marini. Il trilobite, una creatura marina alquanto semplice, è il fossile indice per riconoscere gli strati Cambriani. In verità, il salto dal trilobite all'uomo sarebbe stato fantasticamente grande e complesso, comprendendo lo sviluppo della spina dorsale e di moltissimi altri organi specifici. Uno dei passi sarebbe stato quello difficile di sviluppare l'uomo dalla scimmia o da qualche antenato comune. Ci insegnano che per questo passo occorsero soltanto fra i 500.000 e i 14 milioni di anni. Nel mezzo di questa frenetica attività evolutiva, però, al cavallo -- il quale, ci si dice, fornisce la miglior prova fossile -- per perdere tre dita occorsero da 50 a 60 milioni di anni. Questa è la nona parte del tempo totale occorrente alla formazione dei fossili. L'evoluzionista crede che il trilobite si è fatto uomo in un tempo di nove volte soltanto superiore a quello che è occorso al cavallo per perdere tre dita. Paragonando le due imprese, sembra che il cavallo avrebbe dovuto perdere le dita in qualche centinaio di anni.
 

Tommaso Heinze, Copyright © 1973, 2003

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